La Dipendenza dalla sofferenza

Una delle dipendenze più comuni che incontro nel mio lavoro di psicoanalista è la Dipendenza dalla sofferenza.

Questa forma di dipendenza appartiene alla personalità che vive perennemente in uno stato d’animo negativo, correlato da emozioni di rabbia, frustrazione, lamento continuo per lo più inconscio o quanto meno accettato da se stesso come una modalità naturale del vivere.

La dipendenza dalla sofferenza non ha niente a che vedere con il dolore che si prova per un evento traumatico vissuto o meglio ancora attraversato, ma il dolore può rimanere attaccato alla persona per tantissimo tempo e trasformarsi in un bisogno di sofferenza che si autoalimenta col passare del tempo, indipendentemente con la realtà della vita che la persona ha sottomano.

Successivamente, questo dolore rimanendo attaccato alla persona, si irradia e coinvolge anche gli altri, attirando a sé e intorno a sé molta sofferenza, rabbia, lamento e frustrazione.

Questa dipendenza funziona esattamente come le altre, come ad esempio la mania o meglio la dipendenza del controllo, si applica nello stesso modo, più vuoi vedere l’altro cosa fa e maggiori strategie di controllo ti verranno in mente per controllarlo, illudendoti ancora un’altra volta che se hai un controllo sulle cose, le cose andranno meglio, e così via…

Questo tipo di dipendenza dalla sofferenza è tra le più subdole perché inconscia, la persona non se ne rende conto, perché intrinseca di leggi morali e di “cultura del sacrificio” e continua a vivere una vita imbevuta di negatività e spazzatura.

La sofferenza è come una pala di un mulino a vento, più vento c’è più si autoalimenta con i no che si dicono alla vita per esperienze del passato che non si sono sapute trasformare e lasciare andare, quindi da forme di resistenza che la persona non sa neanche di avere.

La dipendenza dalla sofferenza quasi sempre trasforma la persona in una vittima o in un carnefice, il 90% delle volte in entrambe. Da qui emerge il bisogno di fare del male agli altri, la maggior parte delle persone crede di non fare mai del male a nessuno, ci crediamo tutti dalla parte giusta o al massimo nel ruolo di vittime mascherate, la società accetta maggiormente chi sta male.

Le vittime che subiscono dei danni reali solitamente non fanno rumore, il rumore è un altro modo per non guarire.

In questo, possiamo notare come il non essere consapevoli alimenta e nutre questa dipendenza.

Sono poche se non nessuna, le persone che in maniera consapevole, vogliono farsi trattare male ma sono moltissime quelle che inconsciamente fanno entrare dei vampiri dentro casa loro e offrono loro anche il the.

Mister Hyde ha bisogno di compiere del male agli altri e ci riesce mentre il dottor Jackyll è una persona intelligente che vuole aiutare gli altri eppure sono la stessa persona.

Ricordate sempre che la sofferenza, l’oscurità, l’ombra hanno il loro fascino ed è proprio questo fascino che crea dipendenza.

Bisogno di far male e bisogno di essere trattati male hanno lo stesso meccanismo psicologico: entrambi trattenengono energia vitale. Si deve fare in modo, di trasformare questo meccanismo da energia trattenuta a energia vitale, dove la voglia di vivere bene è la norma.

Quando andiamo in giro con chili di immondizia emotiva addosso non possiamo mai essere di beneficio agli altri, anche se questo è ciò che desideriamo.

Il bisogno di soffrire è uno dei bisogni più comuni che la società sta attraversando. Fate molta attenzione ai condizionamenti presenti nella vostra mente e alle emozioni ad esse collegate.

Bisogna iniziare a comprendere quando e come questo bisogno di lamento o di collera o insofferenza continua si manifesta, più ci accorgiamo quando accade e più diverremo consapevoli e di conseguenza meno dolore spargeremo in questa società.

La sofferenza può alimentarsi soltanto di sofferenza. La sofferenza non può alimentarsi di gioia, la trova indigesta.

Chi si lamenta non vuole stare bene, non sta bene e non ha piacere di circondarsi di persone che stanno bene, in ultimo non accetta neanche un aiuto che va in questa direzione perché vorrebbe dire rivoluzionare la propria vita.

“Una volta che la sofferenza si impadronisce di voi, voi ne sarete dipendenti”, spiega Eckhart Tolle. E’ importante essere consapevoli di queste dinamiche altrimenti la dipendenza da questo lamento di vita avrà sempre la meglio su di voi.

Disintossicarsi dall’inghiottire sacchi di sofferenza è un percorso per un osservatore oculato della propria esistenza.

Anche nella stanza dell’Analista il Paziente e il Terapeuta non devono entrare dentro questo circuito fagocitante, in quanto un’Analisi gestita male può anch’essa alimentare questo circuito di sofferenza che si ripropone continuamente.

Molti pazienti mi chiedono cosa devono fare, ed io rispondo: nulla. Non devi “fare” nulla perché in questo caso specifico “il fare” che molti intendono, diventa un altro modo per incartarsi nella stessa dipendenza. Ma il percorso analitico segue un’altra strada che in questo momento non possiamo approfondire.

Una cosa però può essere già chiara, quando iniziamo a uscire da questa dipendenza dalla sofferenza, usciamo dal nostro piccolo mondo narcisistico ed entriamo nel pieno della vita e la novità più evidente di questa trasformazione, afferma Emanuele Chimienti, è che ci troviamo più disponibili a nuove esperienze, nuove persone, nuovi paesaggi, una nuova e più aperta visione di noi stessi, una nuova e quindi differente visione delle persone già note, del mondo in senso più ampio.

Concludo mettendo in evidenza una parola: il peccato.

La parola peccato non è mai stata una parola piacevole nella mia vita perché imbevuta di significati terrorizzanti, ma se oggi dovessi dargli un significato nuovo direi che l’unico vero peccato che immagino è quello dell’antivita.

Il peccato è vivere male dentro il proprio piccolo mondo antico.

Vivere bene è un diritto di nascita che anche se non ci è stato donato, la vita stessa è costruita per donarci sempre uno spiraglio di luce al quale aggrapparsi per poter costruire un’esistenza piena.

Il vento della vita è il sì.

Dott.ssa Maria Grazia De Donatis

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Walking Therapy:a spasso con le nostre paure

E’ arrivata l’estate e le voglie di libertà aumentano, potrei elencarne tante ma oggi mi soffermo sul mio desiderio estivo di teatro all’aperto. Così l’altro giorno, dopo il lavoro, mi sono imbattuta in uno spettacolo che mi incuriosiva particolarmente per diversi aspetti: Walking thérapy,

Walking thérapie è il divertente format di teatro urbano, creato nel 2015 per il Festival Off d’Avignone, da tre estrosi teatranti belgi, Nicolas Buysse, Fabrice Murgia e Fabio Zenoni, i quali sono successivamente scesi a Firenze, chiamati dal Teatro Rifredi, per produrre questa versione italiana dello spettacolo, tradotta da Angelo Savelli con Gregory Eve e Luca Avagliano, attori straordinari. Lo spettacolo ha ottenuto uno straordinario successo di pubblico e di critica, registrando a oggi ben 80 repliche estive.

Due erano gli elementi che mi incuriosivano, il primo, avrei camminato con delle cuffie nel centro di Firenze, l’altro, che lo spettacolo “si occupava di un approccio terapeutico” ed io, come psicanalista ero quanto meno incuriosita, quando mi sarebbe ricapitato di vivere insieme a due regine dell’arte: il Teatro e la Psicoanalisi, sissignori la psicoanalisi è un’arte in quanto ha in sé estro, disciplina ed intuito.

Alle 20,30 mi sono ritrovata in una piccola via adiacente al duomo dove mi hanno fornito delle cuffie e uno sgabello leggero per potermi sedere durante il percorso, ma che idea formidabile, nei momenti di riflessione, sarei potuta stare comodamente seduta ascoltando il mio spettacolo solo dalle cuffie, cuffie potentissime che acuivano qualsiasi rumore esterno, impossibile non immergersi in un teatro a cielo aperto che è il centro storico di Firenze.


Gli attori sono, un ex paziente ora guarito, Luchino e il terapeuta Gregory, il quale dimostra a tutti che il suo metodo – la Walking therapy – è la soluzione ideale per guarire dai propri malesseri psichici.

Peccato che nel corso della passeggiata Luchino subisce una battuta d’arresto che porterà egli stesso, il terapeuta Gregory e l’intero gruppo, a riflettere sulle proprie paure e sulla possibilità di superarle, attraverso una vera e propria forma di guarigione che l’arte della commedia ha in sé come la risata, la riflessione e, in questo caso specifico, il movimento e la socializzazione.

E poi, diciamocelo, camminare per il centro di Firenze soffermandosi dentro piccoli angoli di storia eterna, non è terapeutico?

Ma cosa mi ha lasciato questo spettacolo?

Perché poi è questo che chiedo sempre ai miei pazienti ogni volta che termina una seduta; cosa portano con sé, in un sol punto, un pensiero dell’intera seduta.

Una delle prime cose che Luchino dice è che bisogna convivere con le proprie paure a partire dalla paura della morte. Questo mi ha colpito perché va subito, freudianamente parlando, al nocciolo della questione, l’angoscia. E cos’é l’angoscia, se non la paura che tutto finisca nel nulla. Una delle paure più grandi dell’essere umano è quella di non essere nulla, di non valere nulla e di non essere importante, quindi amato, paura che combina dei disastri colossali.

Questa è una paura tabù, come la chiamo io, quel tipo di paura di cui non si può parlare e che walking thérapy sa esprimere quando Gregory dice: “Non ne potete più di nascondere le vostre paure nel profondo di voi stessi e di essere costretti a recitare la parte di quello a cui va tutto bene. Vorreste guardala dritto negli occhi la paura e non attraverso uno schermo, affinché the fear becomes your friend, affinché la paura diventi nostra amica”.

Chi non ha nessuna paura è malato. Il punto non è infatti sconfiggere tutte le paure ma riconciliarsi con esse, convivere, trasformarle con cura ed attenzione per poter vivere in modo più armonioso. Non appena ci si riconcilia con la propria paura questa non ha più in pugno la persona. La rimozione della paura porta alla sclerotizzazione e consuma moltissima energia che impedisce di vivere in maniera autentica e vitale.

Siamo nati sani e spesso abbiamo scelto di vivere male per paura di… E chi tiene la propria paura sotto chiave, manca di energia per vivere, spesso si sente esaurito. Ed è per questo che la paura dev’essere trasformata, mutando in una sorgente di energia, di vita e anche di allegria. Così come è l’allegria di poter andare a teatro, di poter socializzare con l’Altro, perché ricordiamoci che “l’uomo è medicina per l’uomo” come dice un proverbio africano. E che le buone relazioni giovano alla nostra salute, Aaron Antonowsky, sociologo della medicina, fondatore della salutogenesi, parla del sistema immunitario sociale. Significa: chi vive all’interno di relazioni forti e sane, in una buona amicizia, in un matrimonio vivo, in una famiglia intatta, di solito gode di migliore salute. Il buon rapporto rafforza il suo sistema immunitario, non è così soggetto alle continue malattie e, quando si ammala, guarisce prima delle persone che sono tagliate fuori dai rapporti con gli altri e isolate. L’assenza delle relazioni disorienta l’essere umano, nella depressione quest’assenza di relazioni diventa espressione di una malattia.

Questi temi vengono portati, dal Terapeuta Psicoanalista Gregory e dal Paziente Luchino, con grande leggerezza, ironia e sensibilità verso se stessi e verso il pubblico dentro uno scenario unico nel suo genere, la città di Firenze.

Il Teatro Rifredi, ancora una volta, ha irrorato le radici dell’umano, innervando il rapporto archetipo che vive nella liaison, essere umano, teatro ed emozione.

dott.ssa Maria Grazia De Donatis, psicoanalista

ANCORA FREUD

Ancora ogg,i nel giorno dell’anniversario della morte di Sigmund Freud 23 settembre 1939 e dopo 17 anni di onesta professione, come dicono alcuni, mi chiedo ancora come donna psicoanalista che cos’è l’inconscio e come esso possa essere definito.

A parte le definizioni comuni che troviamo ovunque, l’inconscio non è definibile se non attraverso un lavoro sul proprio di inconscio. Definire l’inconscio significa definire la Persona e nel momento in cui definiamo la Persona abbiamo definito una parte della vita. La vita è e diviene, la Persona è e diviene, il suo inconscio è e diviene, e cambiando si trasforma in consapevolezza.

L’inconscio è una scoperta, che per chi la la vuole cogliere durerà per tutta la vita. Questo potrebbe indurvi a pensare che la psicoanalisi è solo un metodo, lungo, lunghissimo che dura per sempre.

Il percorso psicoanalitico dura il tanto che basta per aiutare il Paziente a compiere un processo di autoanalisi che durerà per tutta la sua esistenza.

Il percorso psicoanalitico è un percorso di dialogo interiore che mette in relazione le più svariate parti interne del paziente, le più conflittuali, entrando in un dialogo interno e diventando parte di un unico organismo vivente, vale a dire,

il proprio Io.

Il  7 dicembre 1938, la radio BBC fece visita a Sigmund Freud nella sua casa ad Hampstead, nel nord di Londra. Freud si era trasferito in Inghilterra solo qualche mese prima per sfuggire all’annessione nazista dell’Austria. Aveva 81 anni e soffriva di un incurabile cancro alla mascella. Pronunciare ogni parola era un’agonia.

Meno di un anno più tardi, quando il dolore divenne insopportabile, Freud chiese al suo dottore di somministrargli una dose letale di morfina. La registrazione della BBC è l’unica audioregistrazione conosciuta di  Freud, il fondatore della psicoanalisi e una delle più rilevanti figure intellettuali del XX secolo.

Con le sue parole mi piace salutarvi oggi e sentire che quella tensione emotiva che il padre della psicoanalisi ci ha lasciato è ancora viva e vigile in me e in tutte quelle persone che lavorano con il proprio inconscio.

“Ho iniziato la mia attività professionale come neurologo provando a portare sollievo ai miei pazienti nevrotici. Sotto l’influenza di un vecchio amico e i miei propri sforzi, ho scoperto alcuni nuovi e importanti fatti sull’inconscio nella vita psichica, sul ruolo dei desideri istintuali, e così via. Da queste indagini è cresciuta una nuova scienza, la psicoanalisi, una parte della psicologia, e un nuovo metodo di trattamento delle neurosi. Ho dovuto pagare un prezzo pesante per questo poco di fortuna. La gente non credette nei miei fatti e trovò le mie teorie disgustose. La resistenza fu dura e inesorabile. Alla fine sono riuscito a procurarmi allievi e a costruire una società psicoanalitica internazionale. Ma la lotta non è ancora finita”. Sigmund Freud.

Foto dell’agosto del 2017 durante la mia visita nella sua casa di Londra nell’Hampstead al civico 20 di Maresfield Gardens.